Il consenso dell’imputato per la subordinazione della sospensione condizionale della pena
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 ottobre 2019 – 26 febbraio 2020, n. 7604
Presidente Sarno – Relatore Socci
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Varese con sentenza di patteggiamento del 16 aprile 2018 ha applicato a F.A. la pena concordata di mesi 8 di reclusione con la sospensione condizionale della pena subordinatamente sospesa al pagamento di Euro 300,00 a titolo di risarcimento danni in favore dell’UNICEF e della pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, relativamente al reato di cui all’art. 527 c.p., commi 1 e 2, commesso il (omissis) ;
2. F.A. propone ricorso per cassazione deducendo motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2. 1. Violazione di legge (art. 165 c.p.) in ordine alla disposta pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno.
Il ricorrente aveva consentito solo per il risarcimento del danno nella misura di Euro 300,00 in favore dell’UNICEF, come richiesto dal Giudice che aveva rinviato l’udienza per le determinazioni dell’imputato. Il Giudice invece applicava al ricorrente anche la pubblicazione della sentenza quale ulteriore condizione per la sospensione condizionale della pena. Per l’art. 165 c.p., comma 2, la sospensione condizionale della pena quando è concessa a persona che ne ha già usufruito deve essere subordinata ad uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p., comma 1.
Due condizioni sono illegittime perché il ricorrente aveva dato il suo consenso solo al risarcimento del danno per la somma di Euro 300,00.
2. 2. Violazione di legge (art. 175 c.p. e art. 444 c.p.p.); mancanza della motivazione relativamente alla mancata concessione della non menzione della condanna.
Il ricorrente aveva richiesto anche la non menzione della condanna; il Tribunale non ha motivato sulla mancata applicazione della non menzione della condanna.
3. La Procura Generale della Corte di Cassazione, in persona del Sostituto procuratore Generale BARBERINI Roberta, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è fondato e la sentenza deve annullarsi senza rinvio con la trasmissione degli atti al Tribunale di Varese per il prosieguo.
Con la richiesta di patteggiamento il ricorrente aveva specificamente dato il suo consenso solo per il risarcimento del danno nella misura di Euro 300,00 in favore dell’UNICEF, in relazione alla disposizione dell’art. 165 c.p., comma 2, (“La sospensione condizionale della pena quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente”).
Il Giudice senza il consenso delle parti ha anche applicato l’ulteriore condizione della pubblicazione della sentenza (“a titolo di riparazione del danno”) quale ulteriore condizione per la sospensione condizionale della pena.
La pubblicazione della sentenza è stata espressamente disposta a titolo di riparazione del danno.
Il giudice del patteggiamento ratificando l’accordo (tra le parti, imputato e P.M.) non può alterare il contenuto della richiesta anche quando si tratta di prescrizione obbligatoria: “In tema di patteggiamento, il giudice, ratificando l’accordo intervenuto tra l’imputato ed il pubblico ministero, non può alterare i contenuti della richiesta e subordinare il beneficio della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p., comma 1, rimasto del tutto estraneo alla pattuizione, anche quando trattasi di prescrizione che il giudice deve necessariamente disporre a norma del comma 2 del medesimo articolo. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato la sentenza di applicazione della pena per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), che aveva concesso la sospensione condizionale della pena subordinatamente alla demolizione del fabbricato abusivo, secondo quanto previsto dall’art. 165 c.p., comma 2, pur in difetto di accordo delle parti al riguardo)” (Sez. 3, n. 25349 del 10/04/2019 – dep. 07/06/2019, ICARDI MASSIMO, Rv. 27600601). Inoltre, “Nel caso in cui l’imputato abbia subordinato la richiesta di applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale, in presenza del consenso del P.M. il giudice è tenuto a pronunziarsi sulla concedibilità o meno del beneficio, ratificando in caso positivo l’accordo delle parti, oppure rigettando in toto la richiesta di patteggiamento” (Sez. 3, n. 20383 del 10/04/2001 – dep. 19/05/2001, Buccioni P, Rv. 21952001).
È vero rilevare che il consenso potrebbe anche essere implicito, come ritenuto da questa Corte: “In tema di patteggiamento, la richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, avanzata dall’imputato che ha già usufruito del beneficio in relazione a precedente condanna, implica il consenso alla subordinazione della misura all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165 c.p., comma 1, trattandosi di prescrizione che il giudice deve necessariamente disporre a norma del comma 2 del medesimo articolo. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato che l’imputato, formulando istanza di applicazione della pena con una nuova richiesta di sospensione della sua esecuzione, aveva implicitamente espresso la sua non opposizione allo svolgimento di attività non retribuita in favore della collettività)” (Sez. 6, n. 13894 del 04/03/2014 – dep. 24/03/2014, Rosiello, Rv. 25946001).
Nel caso in giudizio, però, il ricorrente aveva espressamente indicato (dopo specifico rinvio dell’udienza al solo scopo di indicare il proprio consenso sul punto) solo il risarcimento del danno e non anche la pubblicazione della sentenza e, conseguentemente, non può ritenersi il suo consenso implicito alla richiesta di sospensione condizionale della pena.
Nessuna motivazione il giudice formula, peraltro, sulla pubblicazione quale strumento ulteriormente necessario al risarcimento del danno, nè si confronta, omettendo il doveroso bilanciamento degli interessi, con i possibili effetti sulla vittima del reato che trova tutela nel divieto di pubblicazione delle sentenze (ex art. 52, comma 5, Codice in materia di protezione dei dati personali) operante nella specie sia in considerazione della tipologia del reato (art. 527 c.p.) sia in quanto reato commesso in danno di minori.
Va poi ribadito che l’accordo sembra essere stato altresì subordinato al beneficio della non menzione della condanna e, neanche sul punto, vi è motivazione. Dovendosi ritenere che entrambe le condizioni abbiano avuto incidenza sulla formulazione dell’accordo. L’annullamento deve essere di sposto senza rinvio. La coesistenza di due elementi (ordine di pubblicazione della sentenza ed esclusione della non menzione) comporta, infatti, che l’accordo delle parti non sia stato condiviso dal giudice su un elemento essenziale, quello, cioè, della divulgazione dell’accordo raggiunto in sede camerale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Varese.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.