Reati tributari: la confisca va disposta anche in caso di patteggiamento?
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 febbraio – 2 aprile 2020, n. 11281
Presidente Izzo – Relatore Reynaud
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 3 aprile 2019, il Tribunale di Messina, decidendo ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ha applicato a C.G. la pena dal medesimo richiesta in ordine al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, per aver omesso di presentare la dichiarazione relativa alle imposte per l’anno 2014, realizzando un’evasione d’imposta pari a Euro 121.999,00.
2. Avverso la sentenza ha proposto appello il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Messina, lamentando l’omessa confisca del profitto del reato o di beni o valori a questo equivalenti, pronuncia accessoria e a contenuto predeterminato – allega l’impugnante – che va disposta anche nel caso di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p..
3. Il giudice d’appello, rilevando cha la sentenza di applicazione pena è ricorribile solo per cassazione, ha trasmesso l’impugnazione a questa Corte ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5.
Considerato in diritto
1. Va preliminarmente osservato che correttamente il giudice d’appello impropriamente adito ha trasmesso l’impugnazione a questa Corte a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5.
Il procuratore generale impugnante, infatti, nell’investire la Corte d’appello, pur richiamando correttamente il disposto di cui all’art. 579 c.p.p., comma 3, ha erroneamente ritenuto che quel giudice fosse funzionalmente competente a conoscere il gravame relativo alla applicazione della misura di sicurezza della confisca disposta con la sentenza di condanna di primo grado, senza considerare che la pronuncia impugnata è invece una sentenza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p., la quale è appellabile soltanto in caso di dissenso del pubblico ministero, a norma dell’art. 448 c.p.p., comma 2, situazione che nel caso di specie non ricorre giusta la chiara attestazione contenuta in sentenza circa il consenso prestato dall’organo requirente.
L’unico rimedio consentito avverso la pronuncia, dunque, è il ricorso per cassazione, a norma dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis.
2. Ciò precisato, reputa il Collegio che l’impugnazione possa essere ritenuta quale ricorso per cassazione, poiché il procuratore generale impugnante, lamentando l’omissione di una statuizione di confisca obbligatoria, che è espressamente prevista anche in caso di patteggiamento, deduce una violazione di legge penale riconducibile al motivo di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), non preclusa neppure dalla limitativa previsione oggi contenuta nell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis.
2.1. Ed invero, questa Corte ha già affermato il principio – peraltro consolidato – secondo cui, in materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l’identità della lettera e la piena continuità normativa tra la disposizione di cui all’art. 12-bis, comma 2, del predetto decreto (introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ed applicabile nel caso di specie ratione temporis) e la previgente fattispecie prevista dall’art. 322-ter c.p., richiamato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143, abrogata dal citato D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 14 (Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386).
Con riguardo all’identica previsione risultante dal combinato disposto della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 e art. 322 ter c.p., si era affermato che l’obbligatorietà della confisca discende “sia dal dato testuale della norma, ove si prevede (…) che la confisca sia “sempre ordinata”, sia dalla natura sanzionatoria ad essa incontestabilmente riconosciuta dalla giurisprudenza; attraverso di essa, infatti, si è inteso privare l’autore del reato di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume, così, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione, non commisurata nè alla colpevolezza dell’autore del reato, nè alla gravità della condotta” (Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013, Cruciani, Rv. 257616, in motivazione). La citata decisione aggiunge che la confisca per equivalente, operante, “oltre che in caso di condanna, anche, in virtù del testuale contenuto della norma, in ipotesi di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., va poi applicata, tanto più in quanto, come precisato, obbligatoria, pur laddove la stessa non abbia costituito oggetto dell’accordo delle parti (cfr. Sez. 2, n. 20046 del 04/02/2011) (…) Nè è necessario, per l’assenza di norme che dispongano in senso contrario, che la confisca per equivalente sia preceduta dal sequestro preventivo dei beni oggetto della stessa (Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255113)” (Sez. 3, n. 44445/2013).
2.2. La doglianza proposta, poi, è ammissibile anche a seguito della “novella” attuata con L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, che ha introdotto l’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, a norma del quale contro la sentenza di patteggiamento può essere proposto ricorso per cassazione “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”.
Scrutinando vicende analoghe a quella di specie, questa Corte ha già ritenuto che, in tema di patteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero, ex art. 448 c.p.p., comma 2-bis, volto a denunciare l’omessa applicazione della confisca obbligatoria prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, nonostante la ricorrenza dei relativi presupposti, in quanto tale omissione determina una illegalità sul piano quantitativo delle statuizioni conseguenti alla realizzazione del reato per il quale detta confisca è prevista come obbligatoria (Sez. 3, n. 29428 del 08/05/2019, Scarpulla, Rv. 275896) e, trattandosi di questione che non aveva formato oggetto di accordo tra le parti, quest’orientamento trova conferma in una recente pronuncia adottata da questa Corte nella sua più autorevole composizione (S.U., sent. 26/09/2019, Savin).
3. Venendo al merito, osserva il Collegio come il ricorso sia indubbiamente anche fondato.
Il giudice, pur avendo pronunciato sentenza di applicazione pena per reato tributario – peraltro consumato, come detto, in data successiva all’introduzione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis – ha infatti omesso, senza spiegarne le ragioni, di provvedere sulla confisca (diretta o per equivalente) relativamente al profitto dello stesso, da individuarsi, salvo il caso di pagamenti (anche solo parziali), in importo commisurato all’imposta evasa a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, vale a dire, si legge imputazione, in Euro 121.999,00.
La sentenza impugnata va pertanto in parte qua annullata con rinvio al Tribunale di Messina affinché provveda in applicazione dei citati principi di diritto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la omessa confisca, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Messina.